Buongiorno,
sono il padre di un bambino di 13 anni, ho letto con attenzione il suo libro e vorrei porle una domanda su quello che lei definisce il peso delle parole, ovvero la differenza fra spiegazione e affermazione. Il tema mi ha dato da pensare sul modo in cui io e mia moglie ci comportiamo con nostro figlio. Lei tende ad essere più autoritaria, a dare degli ordini, è così perché è così, io invece tendo a voler spiegare le motivazioni delle cose che "ordino" a Michele. Il problema è che non sono sicuro di quale sia il modo giusto, ed il più efficace. Da un lato mi dico che forse dovrebbe essere prerogativa maschile il dare ordini anche senza spiegazioni, cosa che invece nella nostra famiglia fa mia moglie, dall'altro mi rendo conto che nostro figlio alla fine ascolta più mia moglie e spesso ascolta le mie spiegazioni con lo sguardo fisso come se stesse pensando ad altro, come se aspettasse solo che la mia spiegazione finisca per poi comunque disubbidire, la maggior parte delle volte. Dunque sbaglio? Dovrei essere più fermo e non tentare a tutti i costi di dargli spiegazioni? Io penso che dando delle spiegazioni lui possa imparare il perché delle cose, e accettare le mie direttive anche in quanto consigli. Ma forse per certe cose è troppo piccolo, e non le capisce. Oppure non vuole capirle?
La ringrazio se potrà spendere due parole per approfondire questo aspetto che io ritengo nel mio caso molto importante. Le faccio i miei complimenti per il libro, un cordiale saluto,
F.S.
>Gentile F.S.,
martedì 6 dicembre 2016
giovedì 1 dicembre 2016
Continua la serie di risposte sui problemi della scuola, da parte del Dott. Marco Focchi.
In questo capitolo "I bambini senza regole".
giovedì 24 novembre 2016
Poca attenzione verso i ragazzi "silenziosi"
Buongiorno dottore,
sono una insegnante della scuola media e vorrei condividere un mio pensiero riguardo ai ragazzi timidi o ansiosi. Faccio questo lavoro solo da un paio di anni e trovo frustrante che all'interno dell'ambiente scolastico si parli solo dei ragazzi "difficili", ovvero quelli che disturbano, che sono iperattivi, aggressivi o addirittura violenti. Mentre non si parla quasi mai di quelli più silenziosi, più timidi o in ansia, perché tanto loro non disturbano e non impediscono dunque lo svolgimento della lezione. Nel mio caso, invece, sono coloro su cui cerco di focalizzare maggiormente l'attenzione, probabilmente perché anche io da piccola facevo parte di quella categoria e so quanto ho sofferto in certi passaggi. Il fatto che ci sia poca attenzione verso i ragazzi "silenziosi" la vivo come una profonda ingiustizia, siccome le (poche) risorse disponibili vengono orientate sui ragazzi che solitamente sono i più "maleducati", o i più "arroganti". E' come dire: più scompiglio crei in società, più la società ti darà attenzione. E in questo caso ti darà una mano. Non ha idea di quante volte sono rimasta allibita tentanto di far notare una certa situazione a dei colleghi, cercando di parlare di un ragazzino o di una ragazzina con dei seri problemi di ansia e introversione, e i miei colleghi non se ne erano neanche accorti! Parlavano solo dell'ultima marachella o dell'ultimo insulto subito dai compagni più aggressivi. Secondo lei è solo una questione di risorse mancanti? O comunque, cosa ne pensa di questo aspetto? Mi scusi se non ho una domanda precisa ma volevo più che altro spezzare una lancia a favore dei ragazzini bravi, educati, altrettanto problematici, ma in qualche modo invisibili. Grazie.
M.C.
>Gentile signora,
sono una insegnante della scuola media e vorrei condividere un mio pensiero riguardo ai ragazzi timidi o ansiosi. Faccio questo lavoro solo da un paio di anni e trovo frustrante che all'interno dell'ambiente scolastico si parli solo dei ragazzi "difficili", ovvero quelli che disturbano, che sono iperattivi, aggressivi o addirittura violenti. Mentre non si parla quasi mai di quelli più silenziosi, più timidi o in ansia, perché tanto loro non disturbano e non impediscono dunque lo svolgimento della lezione. Nel mio caso, invece, sono coloro su cui cerco di focalizzare maggiormente l'attenzione, probabilmente perché anche io da piccola facevo parte di quella categoria e so quanto ho sofferto in certi passaggi. Il fatto che ci sia poca attenzione verso i ragazzi "silenziosi" la vivo come una profonda ingiustizia, siccome le (poche) risorse disponibili vengono orientate sui ragazzi che solitamente sono i più "maleducati", o i più "arroganti". E' come dire: più scompiglio crei in società, più la società ti darà attenzione. E in questo caso ti darà una mano. Non ha idea di quante volte sono rimasta allibita tentanto di far notare una certa situazione a dei colleghi, cercando di parlare di un ragazzino o di una ragazzina con dei seri problemi di ansia e introversione, e i miei colleghi non se ne erano neanche accorti! Parlavano solo dell'ultima marachella o dell'ultimo insulto subito dai compagni più aggressivi. Secondo lei è solo una questione di risorse mancanti? O comunque, cosa ne pensa di questo aspetto? Mi scusi se non ho una domanda precisa ma volevo più che altro spezzare una lancia a favore dei ragazzini bravi, educati, altrettanto problematici, ma in qualche modo invisibili. Grazie.
M.C.
>Gentile signora,
venerdì 11 novembre 2016
Quando sono gli insegnanti stessi che vacillano a chi l'alunno deve fare riferimento?
Dottore, ma quando nella scuola sono gli insegnanti stessi che vacillano a chi l'alunno deve fare riferimento per poter fare riferimento all'inconscio..che semmai è da creare per altro? Siamo nell'era per pressapochismo. La mia testimonianza fa riferimento a mio nipote III media, scuola media Zanelli di Cusano Milanino, nuovo preside, insegnanti che mettono al corrente gli alunni di loro problemi personali gravi, pianti collettivi e passi per le lacrime dei ragazzi, ma che un insegnante pianga eh no! Cosa abbiamo da insegnare alla nuova generazione che riesca ad imprimere nel subconscio un modello da seguire, una coscienza da creare?
I.G.
>Gentile I.G.,
I.G.
>Gentile I.G.,
giovedì 10 novembre 2016
Video 6 - Le Domande e Risposte sui problemi della scuola
Continua la serie di risposte sui problemi della scuola, da parte del Dott. Marco Focchi.
In questo capitolo "Un intervento che includa la dimensione dell'inconscio".
lunedì 31 ottobre 2016
Disturbo misto dello sviluppo, disturbo oppositivo provocatorio, e per finire disturbo nell'espressione del linguaggio
Gentile Dott. Marco Focchi,
ho comprato il suo testo "l'inconscio in classe. Il piacere di capire e quel che lo guasta", l'ho trovato estremamente interessante. Le scrivo perché lavoro nella scuola come Assistente Educativo Culturale (AEC) una funzione che affianca il bambino che si presenta con problemi. Ad oggi mi trovo a lavorare con un bambino che arriva in prima elementare con una diagnosi di Disturbo misto dello sviluppo, disturbo oppositivo provocatorio, e per finire disturbo nell'espressione del linguaggio. diciamo non manca nulla!!!!! il problema che vivo con questo bambino è la sua aggressività che si manifesta in autolesionismo (batte la testa, si graffia, si picchia) allo stesso modo riesce a manifestarla con l'adulto di riferimento per cui assisto, ed è successo anche a me di essere insultata, picchiata graffiata e morsa. Le assicuro che ne sono uscita devastata perché è terribile vedere un bambino così piccolo in grado di provocare e provocarsi tanta rabbia e aggressività. Mi chiedo come posso aiutarlo, al momento ho chiesto alla famiglia che possa essere seguito da uno specialista che aiuti il bambino e la famiglia a gestire quanto accade. Da parte mia vorrei che non si arrivasse a produrre queste crisi nel bambino, ma mi rendo conto che basta molto poco, per esempio che non si faccia quello che vuole lui, è assolutamente padrone della relazione, di gestirla così come egli crede, altrimenti entra in crisi ed è molto difficile farlo rientrare. Alla scuola e la famiglia ho proposto un progetto, una rete in cui tutti gli interlocutori interessati possano lavorare tenendo conto dei problemi del bambino, a partire dall'individuare uno specialista che si prenda carico della sofferenza di questo bambino, e che sia in grado di indirizzare e indirizzarci sul lavoro da portare avanti. La ringrazio anticipatamente.
Cordiali saluti,
S.N.
>Cara S.N.,
ho comprato il suo testo "l'inconscio in classe. Il piacere di capire e quel che lo guasta", l'ho trovato estremamente interessante. Le scrivo perché lavoro nella scuola come Assistente Educativo Culturale (AEC) una funzione che affianca il bambino che si presenta con problemi. Ad oggi mi trovo a lavorare con un bambino che arriva in prima elementare con una diagnosi di Disturbo misto dello sviluppo, disturbo oppositivo provocatorio, e per finire disturbo nell'espressione del linguaggio. diciamo non manca nulla!!!!! il problema che vivo con questo bambino è la sua aggressività che si manifesta in autolesionismo (batte la testa, si graffia, si picchia) allo stesso modo riesce a manifestarla con l'adulto di riferimento per cui assisto, ed è successo anche a me di essere insultata, picchiata graffiata e morsa. Le assicuro che ne sono uscita devastata perché è terribile vedere un bambino così piccolo in grado di provocare e provocarsi tanta rabbia e aggressività. Mi chiedo come posso aiutarlo, al momento ho chiesto alla famiglia che possa essere seguito da uno specialista che aiuti il bambino e la famiglia a gestire quanto accade. Da parte mia vorrei che non si arrivasse a produrre queste crisi nel bambino, ma mi rendo conto che basta molto poco, per esempio che non si faccia quello che vuole lui, è assolutamente padrone della relazione, di gestirla così come egli crede, altrimenti entra in crisi ed è molto difficile farlo rientrare. Alla scuola e la famiglia ho proposto un progetto, una rete in cui tutti gli interlocutori interessati possano lavorare tenendo conto dei problemi del bambino, a partire dall'individuare uno specialista che si prenda carico della sofferenza di questo bambino, e che sia in grado di indirizzare e indirizzarci sul lavoro da portare avanti. La ringrazio anticipatamente.
Cordiali saluti,
S.N.
>Cara S.N.,
venerdì 28 ottobre 2016
Non ha voglia di studiare e non ha problemi a dirlo
Buongiorno,
nostro figlio ha 14 anni ed è ripetente. Uno degli unici due di tutta la scuola. Il nostro problema è che lui non ha voglia di studiare e non ha problemi a dirlo. Anche gli insegnanti lo confermano, lui non crea problemi ma semplicemente aspetta che finisca la mattinata. Di questo passo abbiamo paura che non finisca nemmeno le medie, figuriamoci se poi andrà avanti. Ma come è possibile? Sua sorella è già al liceo ed è una ragazza studiosa. Abbiamo provato a spiegarglielo in tutti i modi che senza studiare avrà dei grandi problemi in futuro, ma lui tira fuori teorie che tanto l'Italia fa schifo, parla come uno navigato anche se è poco più di un bambino. Però non è sofferente, ha degli amici (che a me sinceramente non piacciono) e comunque non è chiuso in se stesso. Non studia, punto. Gli insegnanti non ci danno un grande aiuto, come se ormai lo avessero etichettato come irrecuperabile. Cosa possiamo fare? Non riusciamo ad accettare che nostro figlio forse non terminerà nemmeno le medie, non riusciamo ad immaginare un futuro per lui.
Grazie
D.N.
>Gentile signore,
nostro figlio ha 14 anni ed è ripetente. Uno degli unici due di tutta la scuola. Il nostro problema è che lui non ha voglia di studiare e non ha problemi a dirlo. Anche gli insegnanti lo confermano, lui non crea problemi ma semplicemente aspetta che finisca la mattinata. Di questo passo abbiamo paura che non finisca nemmeno le medie, figuriamoci se poi andrà avanti. Ma come è possibile? Sua sorella è già al liceo ed è una ragazza studiosa. Abbiamo provato a spiegarglielo in tutti i modi che senza studiare avrà dei grandi problemi in futuro, ma lui tira fuori teorie che tanto l'Italia fa schifo, parla come uno navigato anche se è poco più di un bambino. Però non è sofferente, ha degli amici (che a me sinceramente non piacciono) e comunque non è chiuso in se stesso. Non studia, punto. Gli insegnanti non ci danno un grande aiuto, come se ormai lo avessero etichettato come irrecuperabile. Cosa possiamo fare? Non riusciamo ad accettare che nostro figlio forse non terminerà nemmeno le medie, non riusciamo ad immaginare un futuro per lui.
Grazie
D.N.
>Gentile signore,
giovedì 27 ottobre 2016
Video 5 - Le Domande e Risposte sui problemi della scuola
Continua la serie di risposte sui problemi della scuola, da parte del Dott. Marco Focchi.
In questo capitolo "L'inconscio in classe".
martedì 25 ottobre 2016
Qual è il modo giusto di comunicare con la famiglia in questi casi?
Gentile Dottore,
sono una insegnante di scuola elementare, in provincia di Milano,
uno dei bambini della mia classe manifesta a mio avviso delle carenze di tipo cognitivo, le noto dal fatto che legge in maniera stentata ed inoltre quando si fanno delle attività che richiedono una qualche forma di memorizzazione mi sembra fare molta più fatica degli altri.
Per il resto è un bambino socievole e si relaziona bene con i compagni. Ho provato ad informare la famiglia di queste difficoltà, per far sì che potesse essere visitato da uno specialista, ma ho trovato come un muro, la madre in particolare dice che è un bambino normalissimo e che non ha nessuna intenzione di farlo vedere dai dottori perché è un bambino sano e felice. Devo dire che mi ha fatto sentire in colpa, ha vissuto la cosa come una sorta di accusa mentre io volevo solo muovermi nell'interesse del bambino. Mi chiedo se forse ho sbagliato, se forse non dovevo parlare nei termini di difficoltà, di carenze, ma sinceramente non avrei saputo dire diversamente.
Qual è il modo giusto di comunicare con la famiglia in questi casi? E come posso recuperare con la famiglia in questione?
Grazie mille e complimenti per questo suo spazio di ascolto,
F.L.
>Gentile signora,
il rapporto con le famiglie è sempre molto delicato, ed è indispensabile avere la loro collaborazione per ottenere qualche risultato, soprattutto nei casi di bambini difficili, o in particolari difficoltà, come quello che lei mi descrive.
sono una insegnante di scuola elementare, in provincia di Milano,
uno dei bambini della mia classe manifesta a mio avviso delle carenze di tipo cognitivo, le noto dal fatto che legge in maniera stentata ed inoltre quando si fanno delle attività che richiedono una qualche forma di memorizzazione mi sembra fare molta più fatica degli altri.
Per il resto è un bambino socievole e si relaziona bene con i compagni. Ho provato ad informare la famiglia di queste difficoltà, per far sì che potesse essere visitato da uno specialista, ma ho trovato come un muro, la madre in particolare dice che è un bambino normalissimo e che non ha nessuna intenzione di farlo vedere dai dottori perché è un bambino sano e felice. Devo dire che mi ha fatto sentire in colpa, ha vissuto la cosa come una sorta di accusa mentre io volevo solo muovermi nell'interesse del bambino. Mi chiedo se forse ho sbagliato, se forse non dovevo parlare nei termini di difficoltà, di carenze, ma sinceramente non avrei saputo dire diversamente.
Qual è il modo giusto di comunicare con la famiglia in questi casi? E come posso recuperare con la famiglia in questione?
Grazie mille e complimenti per questo suo spazio di ascolto,
F.L.
>Gentile signora,
il rapporto con le famiglie è sempre molto delicato, ed è indispensabile avere la loro collaborazione per ottenere qualche risultato, soprattutto nei casi di bambini difficili, o in particolari difficoltà, come quello che lei mi descrive.
giovedì 13 ottobre 2016
Video 4 - Le Domande e Risposte sui problemi della scuola
Continua la serie di risposte sui problemi della scuola, da parte del Dott. Marco Focchi.
In questo capitolo
"Individuare l'origine dei problemi scolastici".
mercoledì 5 ottobre 2016
Spesso arrivo a casa distrutta, con un senso di impotenza e incapacità
Buongiorno, sono una insegnante della scuola secondaria di primo grado (scuola media..), mi sono trovata nel suo sito perché cercavo informazioni sul disagio degli operatori scolastici. Ebbene sì, si trovano - giustamente - molte informazioni sul disagio dei bambini e dei ragazzi, ma si fa maggiore fatica quando le "vittime" siamo noi insegnanti. Ecco, ritengo che anche il mio, il nosto mi verrebbe da dire, sia un problema scolastico: io come molti miei colleghi spesso non ce la facciamo più, qui da noi si dice "burnout", per dire in sostanza che uno è scoppiato, che non ce la fa più. Io ritengo il mio lavoro molto stressante, ed è in atto una incredibile differenza intergenerazionale fra noi insegnanti e gli allievi delle nostre classi, si fa molta molta fatica a condurre un'aula. Io spesso arrivo a casa distrutta, con un senso di impotenza e incapacità, perché credo di non essere in grado a esercitare una seppur minima forma di autorità. In classe ci sono tre o quattro bambini che io reputo "normali", che sì ogni tanto disturbano, ma in genere seguono la lezione. Tutti gli altri, un disastro.... spesso vorrei gettare la spugna.. mi sembra che ogni mio tentativo sia vano, non mi ascoltano, mi rispondono addirittura con arroganza, uno addirittura una volta mi ha detto che se lo sgridavo avrebbe fatto chiamare l'avvocato da suo padre. Io non ho figli ed onestamente non so se in genere i ragazzi si comportino così anche a casa, non so sinceramente dire da dove venga il problema, anche se in maniera molto generica trovo che manchi "educazione", ai civili comportamenti, alle civili maniere, al civile rispetto dell'altro. Cosa possiamo fare noi insegnanti per farci rispettare maggiormente? Grazie mille e scusi per lo sfogo.
M.C.
>Gentile signora,
M.C.
>Gentile signora,
domenica 2 ottobre 2016
Video 3 - Le Domande e Risposte sui problemi della scuola
Continua la serie di risposte sui problemi della scuola, da parte del Dott. Marco Focchi.
In questo capitolo
"Il rapporto con i genitori del bambino".
"Il rapporto con i genitori del bambino".
Rilascio del PDP
Buongiorno dottore, sono capitata nel suo sito, noi siamo di Milano e mi chiedevo se fosse possibile prendere un appuntamento con lei al fine di ottenere il rilascio del PDP da parte della scuola.
Le insegnanti di mio figlio ci hanno comunicato che probabilmente è dislessico, ma che per ottenere da parte della scuola un trattamento diverso c'è bisogno di una diagnosi scritta da parte dell'Asl o da parte di un professionista. Lei si occupa anche di queste cose? E' sufficiente un incontro?
Grazie mille, cordiali saluti,
T. V.
>Gentile signora,
Le insegnanti di mio figlio ci hanno comunicato che probabilmente è dislessico, ma che per ottenere da parte della scuola un trattamento diverso c'è bisogno di una diagnosi scritta da parte dell'Asl o da parte di un professionista. Lei si occupa anche di queste cose? E' sufficiente un incontro?
Grazie mille, cordiali saluti,
T. V.
>Gentile signora,
mercoledì 28 settembre 2016
Dice che quando un bambino viene identificato ritardato incomincerà a fare il ritardato
Buongiorno,
ho visto il video in cui parla delle procedure per identificare i disturbi dei bambini, dove dice che quando un bambino viene identificato ritardato incomincerà a fare il ritardato. Ho trovato la cosa interessante ma sono anche preoccupata. Quindi lei cosa suggerisce? Che non vengano fatte diagnosi? E allora un bambino con dei reali problemi come può accedere agli aiuti scolastici di cui ha bisogno?
Grazie mille per il suo tempo,
un cordiale saluto,
B.P.
>Gentile signora,
ho visto il video in cui parla delle procedure per identificare i disturbi dei bambini, dove dice che quando un bambino viene identificato ritardato incomincerà a fare il ritardato. Ho trovato la cosa interessante ma sono anche preoccupata. Quindi lei cosa suggerisce? Che non vengano fatte diagnosi? E allora un bambino con dei reali problemi come può accedere agli aiuti scolastici di cui ha bisogno?
Grazie mille per il suo tempo,
un cordiale saluto,
B.P.
>Gentile signora,
giovedì 22 settembre 2016
Video 2 - Le Domande e Risposte sui problemi della scuola
Continua la serie di risposte sui problemi della scuola, da parte del Dott. Marco Focchi.
In questo capitolo "La scuola e le nuove tecnologie. Come stare al passo?"
Video 1 - Le Domande e Risposte sui problemi della scuola
Introduciamo con questo video la serie di risposte sui problemi della scuola, da parte del Dott. Marco Focchi.
In questo primo capitolo si parla dei punti di forza dell'approccio psicoanalitico nei confronti dei problemi scolastici.
venerdì 24 giugno 2016
Incomincia la battaglia quotidiana per fare i compiti
Buongiorno,
come ogni anno iniziano le vacanze ed incomincia anche la battaglia quotidiana per fare i compiti.
Nostro figlio Lorenzo, che l’anno prossimo va in terza media, non ne vuole proprio sapere di fare i compiti, e l’anno scorso siamo arrivati alla fine dell’estate prima di riuscire ad iniziare.
Ora le vacanze sono appena iniziate e non me la sento di obbligarlo (o perlomeno provarci!) a mettersi sui libri, immagino sia stanco e che si meriti un po’ di svago. Però poi so già che andrà a finire come gli anni scorsi, si abituerà a non fare niente e poi sarà impossibile convincerlo ad iniziare a fare i compiti.
Quando dovrei incominciare a fargli fare i compiti? Come gestire al meglio il tempo libero e l’obbligo dei compiti? Grazie mille, un suo gentile consiglio mi sarebbe molto di aiuto.
E.B.
>Gentile E.B.,
martedì 31 maggio 2016
Le maestre mi dicono che non riescono a trovare un canale per entrare in contatto con lui
Buongiorno,
nostro figlio di cinque anni sta avendo delle difficoltà esclusivamente in ambito scolastico, in quanto le insegnanti trovano molto difficile fargli portare a termine quello che gli viene chiesto. Per esempio, quando gli chiedono di ascoltare una storia e fare dei disegni che rappresentino la storia ascoltata, lui o non lo fa oppure disegna cose che piacciono a lui (astronavi, camion dei pompieri..). Questo è solo un esempio, perché in generale sembra andare per la sua strada senza condividere le attività di gruppo con i compagni. Per il resto tutto è normale, è un bambino molto intelligente e al di fuori della scuola si relaziona bene con gli altri bambini (per esempio quando lo porto al parco).
Le maestre mi dicono che non riescono a trovare un canale per entrare in contatto con lui, e noi non sappiamo proprio cosa fare. Perché questo problema si manifesta solo a scuola? Cosa possiamo fare per capire se possa trattarsi di un disturbo psicologico o di una carenza da parte delle insegnanti, o di qualcos'altro?
Grazie un cordiale saluto,
E.B.
>Gentile signora,
È possibile (e non punibile) che un professore scriva una nota sulla pagina del registro visibile a tutti i genitori?
[Domanda inviata nella pagina Facebook di Problemi a Scuola].
Buongiorno, chiedo se è possibile (e non punibile) che un professore scriva una nota sulla pagina del registro visibile a tutti i genitori, per intenderci, dove vengono indicati i contenuti delle lezioni svolte in classe, e per di più scrivendo il cognome del ragazzo. Tra l'altro la nota è riferita al fatto che mio figlio, durante una verifica, è stato male ed ha avuto l'urgenza di recarsi in bagno. Mi chiedo e vi chiedo: la privacy dov'è? Il dirigente scolastico mi ha risposto che ha chiesto al professore di eliminare il commento, seppure rimasto visibile per più di una settimana; e le conseguenze? Ho la facoltà di procedere con un esposto al provveditorato e chiedere che il professore venga "sanzionato"? Grazie
S.T.
>Gentile S.T.,
lunedì 23 maggio 2016
Mio figlio di 16 anni insulta pesantemente gli insegnanti
Buongiorno,
scrivo per un problema forse un po’ strano, mio figlio di 16 anni insulta pesantemente gli insegnanti a scuola. Fa il liceo scientifico ed è già stato sospeso per questo, ed il problema va avanti dall’inizio di questo anno scolastico. Siamo arrivati al punto che io sono in imbarazzo a parlarne anche con gli insegnanti (sono stata convocata più volte), perché le offese di mio figlio sono quasi sempre a sfondo sessuale, e secondo me gli insegnanti pensano che sia colpa mia, dell’educazione che gli ho dato (l’ho cresciuto praticamente da sola, sono separata da molti anni) e mi hanno consigliato di portarlo da uno psicologo e che sarebbe bene ci andassi anch'io. Lui accusa i professori di essere dei “froci”, che gli piace prenderlo nel….. eccetera, mi scusi le parole. Ce l’ha sempre con i professori maschi (ne ha due, di italiano e di scienze) e le sue uscite sono come dei fulmini a ciel sereno (sembra “posseduto”, mi hanno detto), urla davanti al professore e agli altri compagni. Succede più o meno una volta ogni due settimane, apparentemente senza motivo. Ho avuto molte discussioni con mio figlio, e sempre molto pacate (non abbiamo mai litigato e le cose in casa nostra sono sempre state discusse da persone civili). A sentire mio figlio sembra che questi professori l’abbiano preso di mira, quasi che complottino contro di lui, e lui spiega i suoi insulti come una reazione al fatto che lo trattino diversamente dagli altri. Però non mi convince, c’è qualcosa che non mi convince nelle sue spiegazioni. Secondo lei Dottore, da quello che le ho descritto ci potrebbe essere la possibilità che stia subendo delle molestie da parte di questi insegnanti? Cosa posso fare per capirlo? Sono molto preoccupata.?
Cordiali saluti,
S.B.
>Gentile signora,
martedì 17 maggio 2016
Ha cominciato a parlare poco in classe
Buongiorno Dottore, nostro figlio Andrea il mese scorso ha cominciato a peggiorare a scuola, frequenta la seconda media e i suoi voti sono sempre stati piuttosto buoni. Inizialmente davo la colpa a un nuovo compagno di classe (che guardacaso è anche nostro vicino di casa), che va molto male a scuola e coinvolgeva mio figlio nelle sue marachelle.. poi però Andrea ha cominciato a parlare poco in classe, a chiudersi, me lo ha riferito una professoressa. La professoressa di matematica, la quale mi ha detto che ha completamente smesso di studiare la sua materia. Nelle altre materie è peggiorato ma non come in matematica. La situazione e poi peggiorata perché ha smesso di parlare con suo padre, mio marito. Lo ignora proprio e non gli rivolge la parola, io e mio marito cominciamo ad essere seriamente preoccupati. Ho provato a parlare con mio figlio, per dirgli che sarebbe stata una buona idea provare a parlarne con uno psicologo, ma lui nega e si chiude ancora di più in se stesso. Il rischio è che smetta di parlare anche con me… Che cosa possiamo fare? Grazie in anticipo per una sua gentile risposta.
L.A.
>Cara signora,
lunedì 9 maggio 2016
Non riesce a staccarsi da me quando lo porto all’asilo
Salve, ho un bambino di 4 anni che non riesce a staccarsi da me quando lo porto all’asilo. Fa dei pianti infiniti, si aggrappa ai miei vestiti, è proprio disperato. Inizialmente pensavo fosse normale e che nel giro di qualche tempo si sarebbe abituato, ma è passato ormai più di un anno e la situazione praticamente non è cambiata. Ha fatto stare molto male anche a me, perché mi si stringeva il cuore a lasciarlo a scuola in quelle condizioni. La maestra mi ha detto di insistere, di non preoccuparmi perché tanto lì non era solo, ma i suoi pianti sono proprio disperati… Per il resto è un bambino normalissimo, allegro ed anche in ottima salute, si ammala pochissimo rispetto ad altri suoi compagni. Avrò sbagliato qualcosa? Io avevo una mamma oppressiva, mi stava sempre appiccicata (e lo fa anche adesso che sono adulta), per cui ho cercato di crescere mio figlio con più leggerezza, con meno “morbosità”. Eppure…. Sembra uno scherzo del destino, ho fatto di tutto e lui adesso fa queste scene strazianti. Dal punto di vista scientifico ci sono delle questioni genetiche? Oppure cosa ho sbagliato? La ringrazio infinitamente se potrà darmi un consiglio su come affrontare queste mattinate a scuola, una qualche tecnica per far sì che io possa allontanarmi da lui senza queste reazioni. Saluti e la ringrazio,
M.C.
>Gentile signora,
giovedì 5 maggio 2016
Lei è decisamente più avanti dei suoi compagni
Buongiorno,
le scrivo perché io e mio marito siamo preoccupati che nostra figlia non riceva la giusta educazione e i giusti stimoli. Fa la seconda in una scuola pubblica, è molto brava ma si annoia, ho parlato anche con le maestre e mi hanno detto che è una classe di bambini un po’ più svogliati rispetto ad altre classi e che però non devo preoccuparmi. La maestra la fa solo aiutare i compagni nel tempo in più, ma lei giustamente si annoia. Non per dare dei vanti a noi o a mia figlia, ma lei è decisamente più avanti dei suoi compagni e abbiamo paura che la sua intelligenza e la sua voglia di fare non siano adeguatamente stimolate. Soprattutto sono stanca dei genitori degli altri bambini, alcuni dei quali sono veramente indietro e i genitori non si accorgono o fanno finta di non accorgersi che hanno dei problemi e che dovrebbero seguire dei percorsi diversi dagli altri. Ho assistito ad un incontro genitori insegnanti dove mi sono proprio vergognata per loro, mi sembrava di sentir parlare mia nonna, il margine per un dialogo è davvero scarso. Il pomeriggio la portiamo a un corso di programmazione per bambini, dove gli insegnano a costruirsi dei giocattoli che hanno un po’ di elettronica, utilizzando un software di programmazione visuale che a lei piace molto. Ho provato a proporre dei laboratori creativi a scuola, ma tutto si arena sempre perché appena ci sono da mettere due euro da parte delle famiglie c’è sempre qualcuno che si lamenta e blocca tutto. Una mia amica manda i figli in una scuola privata e le iniziative di laboratori etc. sono all’ordine del giorno. E' scomoda però per noi perché è dall'altra parte del quartiere. Lei cosa ci consiglia? Come cambiare la situazione o come far sì che gli altri si diano una svegliata? E’ il caso di cambiare scuola? Ma ho paura che nel pubblico, un po’ per questioni sistemiche e un po’ per sorte, la situazione potrebbe non cambiare di molto. Ringraziandola, un cordiale saluto,
L.C.
>Gentile signora,
venerdì 29 aprile 2016
giovedì 28 aprile 2016
È come se avesse smesso di ascoltarci
Gentile dottore,
sono il padre di un bambino di 9 anni. Io ho 28 anni anche se ne dimostro di più, l'abbiamo avuto quando ero molto giovane. Da un anno a questa parte è come se avesse smesso di ascoltarci, è sempre stato molto rumoroso molto attivo ma prima bastava alzare un po' la voce o minacciare punizioni e riuscivamo a tenerlo a bada. Ora è diventata una cosa impossibile, mi guarda con un'aria di sfida è strafottente, sembra sia cresciuto nella giungla si è trasformato, quasiasi cosa gli dico gli entra da un orecchio ed esce dall altro sembra che sia tasparente alle mie parole. Qualche volta sono arrivato a sculacciarlo, ero esausto non ce la facevo più. Ore e ore a dirgli di fare qualcosa o di smettere di fare qualcosa ma niente, non ascolta. Le maestre ci hanno detto che non è cambiato molto a scuola, disturba spesso ma dicono che è sempre stato così, invece io credo sia successo qualcosa, a scuola dovrebbero insegnarli un minimo di disciplina, di ascolto, invece più va a scuola e più diventa maleducato. Mi sono fatto questa idea. Abbiamo sbagliato qualcosa? Cosa possiamo fare? Grazie
G.L.
Gentile signore,
mercoledì 13 aprile 2016
La prendono in giro perché è ancora vergine
Buongiorno,
scrivo per avere un consiglio su come muovermi con mia figlia di 15 anni. Frequenta una scuola per diventare estetista, abbiamo tentato di farle fare il liceo ma lei ha insistito per fare questo istituto professionale e così siamo andati incontro ai suoi desideri. Ultimamente sono rimasta piuttosto sconvolta da una questione che mi ha raccontato (per fortuna io e mia figlia ci parliamo e mi dice le cose) e che riguarda il sesso. Mi ha detto che le sue compagne la prendono in giro perché è ancora vergine e sembra, a quanto raccontano, che loro non lo siano più. Mia figlia mi ha detto che "fanno le cose" nei bagni, non so cosa in particolare perché non siamo entrate nei dettagli. Però tutta la faccenda mi ha lasciata di stucco e impreparata. Io ho cinquantadue anni ed alla sua età a malapena sapevo cosa fosse il sesso.
Non so in che modo affrontare la questione, vorrei evitare di apparire "vecchio stampo" ma non so proprio quale sia ormai il limite. Ho provato a dirle che le sue amiche magari si inventano delle cose, che non è vero che hanno avuto dei rapporti sessuali e che sono ancora troppo giovani, ma lei mi ha fatto un paio di nomi dicendo che è certa che loro l'hanno già fatto (nei bagni a scuola??). Mi è venuto anche l'impulso di farle cambiare scuola, ma poi mi sono resa conto di non conoscere veramente gli adolescenti di oggi, ho bisogno di consigli, di qualcuno che mi faccia capire quali regole e quali valori sono i più adatti oggi, soprattutto in merito all'educazione sessuale. Grazie, cordiali saluti,
F.B.
>Gentile signora,
venerdì 8 aprile 2016
Incollata al telefono
Salve,
ho una figlia di 16 anni e sono preoccupata perché non so gestire il suo uso del telefonino, non riesco ad imporre delle regole e lei è sempre perennemente incollata al suo telefono. Penso viva più in quel mondo che nel mondo reale. Faccio fatica a non farla scrivere su whatsapp anche durante la cena. Sono separata da diversi anni e mia figlia vive con me, so che sicuramente ha sofferto l'assenza da casa del padre ed anche i miei problemi economici, ma il problema non è questo, il problema forse è mio perché non mi rendo conto che forse tutte le ragazzine sono così, d'altra parte lei scrive continuamente alle sue amiche quindi anche loro saranno sempre lì col telefonino, ma a me sembra un'esagerazione. Ricarica il telefono due volte al giorno perché lo scarica tutto, è sempre lì che digita, che scorre con le dita, non telefona praticamente mai, non parla mai. E' normale? Lei dice che sono vecchia, che tutti fan così, che sono io che non capisco, ma a me sembra un fantasma, non mi sembra più la ragazzina di due o tre anni fa, mi sembra anche più triste, disinteressata a qualsiasi cosa. Non so cosa ci sia nella sua testa e muoio dalla voglia di leggere cosa scrive continuamente, ma ha la password nel telefono e io non mi intendo bene di quelle cose e non riesco a sbloccarlo. Ormai gli adolescenti sono diventati tutti così? Degli schiavi del telefonino?
La ringrazio e mi scusi per lo sfogo..
M.R.
Gentile signora,
I compagni tendono a isolarla
Buongiorno Dottore,
scrivo per avere un consiglio in merito a mia figlia di 13 anni, che ha una disabilità motoria di origine neurologica e sta incontrando non pochi problemi a scuola, siccome le compagne e i compagni tendono a isolarla. Non ha idea di quanto mi metta a disagio questa situazione, io amo mia figlia e pensarla chiusa in un angolo durante gli intervalli a scuola mi fa venire da piangere.. Sì, dico chiusa in un angolo perché mi è capitato di trovarla così un giorno che sono andata a prenderla in anticipo per una visita medica. Mi sono impensierita e ho chiesto alle insegnanti e anche loro mi hanno confermato che ultimamente era più isolata dagli altri compagni. Quattro mesi fa la sua migliore amica ha dovuto cambiare scuola e città, perché i genitori si sono trasferiti, e a ben vedere era l'unica vera amica che aveva, la veniva anche a trovare a casa e passavano alcuni pomeriggi insieme, sempre in casa. Mia figlia cammina male ed è impacciata nei movimenti, anche un po' nella parola nonostante non abbia problemi di tipo cognitivo. Va bene a scuola, ma immagino che i compagni la tengano distante perché è diversa e non è attraente come altre sue compagne, che addirittura iniziano a truccarsi e a "provocare"! Mi immagino anche che la prendano in giro, chiamandola "storpia" o cose del genere, è un pensiero che mi inorridisce!
Fino ad ora la situazione era stata gestibile, anche perché mia figlia è sempre stata una bambina molto intelligente, ma l'arrivo dell'adolescenza sta cogliendo me e mio marito impreparati. Sembra che ora ci sia un muro fra lei e i suoi coetanei. Una distanza che sembra ingrandirsi sempre di più. Cosa possiamo fare? Lei dovrà accettare di essere diversa, ma ho paura che in questi anni difficili sarà un'impresa farla sentire serena e a proprio agio. Siamo anche indecisi se coinvolgerla in qualche gruppo o associazione di disabili, per farle fare nuove conoscenze, ma ho paura che così si senta ancora più stigmatizzata. Siamo confusi..
Pensavo di prendere un appuntamento, secondo lei dovremmo venire prima io e mio marito senza far sapere niente a nostra figlia, per ora?
Grazie mille e cordiali saluti,
T.L.
>Gentile signora,
giovedì 31 marzo 2016
Tendono a trattare mio figlio come uno normale
Buonasera, sono il padre di un bambino di 9 anni, siamo di Milano, da alcuni mesi mio figlio ha dei grossi problemi a scuola (e a casa), prende spesso delle note perché gli insegnanti non hanno capito la sua situazione problematica. Oltretutto le insegnanti sono nuove perché ci sono state delle sostituzioni nel personale. Io e la mia (ex) compagna ci siamo separati un anno fa, dopo una storia tormentata soprattutto a causa dei suoi problemi. Aveva tentato il suicidio cinque anni fa e l’ha di nuovo fatto solo due settimane fa. Io le voglio bene ma a un certo punto non ce l’ho più fatta e me ne sono andato. Il bambino sta principalmente con me e con i nonni, anche se vede spesso la madre la quale fino a qualche tempo fa lo accompagnava anche alle sedute all’asl, dove sostanzialmente lo facevano giocare e ne approfittavano per parlare e curare lei. Era un po’ una scusa, un motivo per far parlare lei con degli psicologi, dato che è sempre stata restia. In pratica sono entrambi seguiti da questi psicologi, ma trovo che non ci sia un coordinamento o una comprensione fra loro e le insegnanti di mio figlio, perché nonostante siano a conoscenza della situazione tendono a trattare mio figlio come uno “normale”, come se fosse un bambino con una famiglia normale. Ho pensato che ciò avvenga anche a causa di una carenza di personale (se non di volontà..) all’asl nell’occuparsi a fondo del caso di mio figlio. Pensavo dunque di rivolgermi parallelamente a un professionista in privato. Lei potrebbe supportarmi nella comunicazione con gli insegnanti e nel far capire loro la situazione di mio figlio? Ringraziandola molto, cordiali saluti,
F.G.
>Gentile signore,
giovedì 24 marzo 2016
Adolescenti in crisi: tra scuola e famiglia
Intervista realizzata il 23 febbraio 2016 da Yordana Hristozova
> continua a questo link
Yordana Hristozova - Le chiederei di presentarsi come psicoanalista: dove lavora? Può dirci qualche parola sulla sua esperienza professionale?
Marco Focchi - Il mio lavoro si svolge essenzialmente nel mio studio privato e nell’insegnamento. Faccio però delle consulenze esterne. Ne ho fatte in comunità per tossicodipendenti, e ho fatto una lunga esperienza come consulente in una scuola elementare. È stato dal 1991 al 2011, quando alcuni insegnanti mi hanno chiesto una consulenza per dei bambini autistici inseriti nelle classi con i quali non sapevano come fare. Sono stati così gli insegnanti a cercarmi inizialmente come psicoanalista, e questo ha dato avvio alla straordinaria esperienza che ho potuto fare nella scuola cominciando con questi bambini autistici. C’era, al tempo, anche uno psicologo che lavorava sull’area del disagio. L'anno seguente però questo psicologo ha lasciato l’incarico e la direttrice della scuola mi ha chiesto se avrei potuto occuparmi io dell’intera area del disagio, e ho accettato. Le cose si sono avviate così: ho iniziato seguendo una scuola, poi sono state due, poi tre, poi un’intero plesso. Di solito facevo delle osservazioni di routine in tutte le prime classi, [...]
> continua a questo link
Il dubbio che possa esserci un problema di bullismo
Buongiorno Dottore,
mia figlia di 11 anni ha dei problemi a scuola, o meglio con la scuola, perché non ci vuole andare. Io e mio marito facciamo molta fatica a convincerla ad andare a scuola ogni mattina, e alcune volte non c’è verso. Negli ultimi tempi è anche più irrequieta, si sveglia la notte e sembra aver perso la serenità che prima aveva. Sono andata a parlare con gli insegnanti, anche loro dicono di vederla più nervosa e più zitta del solito, ma il suo rendimento scolastico e buono e non sembrano esserci problemi particolari. Mi è venuto il dubbio che possa esserci un problema di bullismo o qualcosa di simile, lei è un po’ grassottella e allora mi sono fatta un po’ venire questa idea, forse perché anche io alla sua età lo ero e ogni tanto sono stata presa in giro, ma la cosa non mi aveva mai creato grandi problemi. Abbiamo provato a chiederglielo, ma lei nega di avere problemi con i compagni, anche se non mi convince (ormai mi sono quasi fissata sul fatto che il problema sia quello). Abbiamo anche pensato di portarla da uno psicologo, ma non vorrei che lei si facesse l’idea sbagliata di avere un problema, di avere qualcosa di sbagliato o di essere malata. In che modo potremmo riuscire a farla parlare, a dirci la verità? Grazie e un cordiale saluto.
M.C.
Gentile signora,
mercoledì 23 marzo 2016
Abbondanza di certificati medici
Gentile Dott. Focchi,
insegno in un liceo scientifico, sono a scriverLe per avere una sua opinione in merito all'abbondanza di certificati medici di vario genere che circolano oggi nelle nostre classi. Io ho una mia personale opinione in merito, ovvero che nella maggioranza dei casi - e ripeto maggioranza - ci sia una difficoltà da parte delle famiglie di accettare che il figlio o la figlia abbiano delle difficoltà scolastiche da attribuirsi allo scarso impegno da parte dello studente. Si cerca una causa esterna, sia essa una patologia o un meno definito “disagio”, certificato nero su bianco da uno psicologo, che in qualche modo deresponsabilizzi sia l’allievo che i suoi genitori dall'avere una parte attiva nella situazione problematica che è venuta a manifestarsi.
Con questo non voglio dire che non esistano difficoltà conclamate ed evidenti che abbiano bisogno di una diversa attenzione e di dispositivi supplementari per poter usufruire dell’offerta educativa. Sotto molti punti di vista sono stati fatti incredibili passi in avanti rispetto a una volta, quando di fronte a difficoltà di apprendimento o problemi di altro tipo si aveva una scarsa attenzione.
E’ profondamente corretto offrire delle misure alternative a chi ha delle difficoltà, ma probabilmente il problema che mi sembra di rilevare è dovuto a due questioni fondamentali: da un lato il “potere” che il mondo psicologico ha (e che ragionevolmente vuole mantenere) nel contesto scolastico e nel rapporto con le famiglie, avendo la possibilità di produrre certificati che influenzano profondamente l’ambiente ed il trattamento scolastico dei ragazzi. Questo primo punto è più politico ed economico, ed è una mia opinione personale.
La seconda questione rientra nel campo dell’etica e dei fini che un ambiente educativo dovrebbe perseguire. La mia impressione è che in molti casi si smetta di stimolare alcuni ragazzi, astenendosi dal richiedere loro una certa prestazione, sulla base di un certificato che molte volte appare come una soluzione di comodo: il ragazzo non è più stressato da certe richieste, il professore non si deve più impegnare a sottoporre certe richieste, e la famiglia non è più preoccupata dagli scarsi risultati. Ma era forse possibile interagire diversamente con il ragazzo? Molte volte, soprattutto in alcuni casi, è una questione per me dolorosa, in quanto insegnante.
Certo, mi dico, tutto potrebbe essere risolto sulla base della correttezza o meno delle diagnosi. Ma il problema è veramente tutto lì? Mi piacerebbe avere un suo parere in merito, la ringrazio anticipatamente.
U.L.
>Caro signore,
venerdì 18 marzo 2016
E’ sicuramente l’arrivo del fratellino ad averle creato qualche problema
Buonasera, la ringrazio per la possibilità che offre in questo sito, il mio problema riguarda la mia bimba di 6 anni. Ha iniziato le elementari questo anno ma poche settimane dopo l’inizio della scuola è nato il suo fratellino. Da quel momento in poi ha cominciato a parlare molto poco, sia a casa che a scuola. Le maestre dicono che non sta proprio zitta, ma ci hanno segnalato il problema, anche perché ogni tanto la trovano con lo sguardo perso. E’ sicuramente l’arrivo del fratellino ad averle creato qualche problema, eppure noi le abbiamo detto che le vogliamo bene come e più di prima, cerchiamo spesso di coccolarla anche se a volte si tira un po’ indietro. Io e il mio compagno ci sentiamo in colpa, perché in questo anno importante per lei, con l’inizio della scuola e tutto quanto, noi abbiamo comunque dovuto occuparci anche dell’arrivo del nuovo fratellino, ed inoltre non è stata una gravidanza facile.
Dottore cosa mi consiglia? La scuola ha un servizio psicologico, ma io conosco l’istituto da pochi mesi e non ho ancora avuto modo di conoscere il personale, anche perché sono molto presa da mio figlio piccolo. I servizi privati, come forse è il suo, sono molto costosi?
La ringrazio in anticipo per la risposta, un cordiale saluto.
R.F.
>Gentile signora,
mercoledì 9 marzo 2016
Disturba continuamente durante la lezione, lancia le cose addosso ai compagni
Buongiorno Dottore, Le scrivo a causa di mio figlio, è piccolo ha 7 anni ma ci sta dando parecchi problemi a scuola. Le maestre ci hanno convocato più volte, io e mio marito, perché disturba continuamente durante la lezione, lancia le cose addosso ai compagni, si butta giù dalla sedia. Di continuo. Una volta mi è stato riferito dalle maestre che, dopo avergli intimato per l’ennesima volta di stare fermo al suo posto, è stato sì fermo ma si è fatto la pipì addosso. La cosa strana è che a casa è invece molto tranquillo e quando gli faccio domande in merito a ciò che mi dicono dalla scuola lui nega di aver fatto qualcosa di sbagliato. E anche io ho quasi l’impressione che siano come due persone diverse. Ho anche pensato che a scuola potesse esprimere una sua agitazione o comunque qualcosa che a casa gli viene impedito, ma sinceramente mi sembra che siamo piuttosto permissivi con lui e non mi pare abbia delle questioni con noi. Non lo so, io e mio marito siamo un po’ smarriti. Dalla scuola ci hanno invitato a portarlo al servizio di neuropsichiatria infantile, ma non l’abbiamo ancora portato perché la cosa mi spaventa molto, più a me che a mio marito. Avevo letto da qualche parte che danno farmaci anche ai bambini piccoli, per problemi di comportamento, e l’idea che ciò possa succedere o stia succedendo a mio figlio mi sembra un incubo.
Lei che consiglio mi può dare, devo fargli fare questi test o cos’altro? Grazie mille per la disponibilità, cordiali saluti,
E.G.
>Gentile signora,
mercoledì 24 febbraio 2016
Inconscio in classe - Incontro venerdì 4 marzo ore 16,00 Sala Conferenze, Palazzo Falck, Piazza Garibaldi, 4 - Lecco
Marco Focchi
L’INCONSCIO IN CLASSE
IL PIACERE DI CAPIRE E QUEL CHE LO GUASTA
Venerdì 4 marzo ore 16,00
Sala Conferenze, Palazzo Falck, Piazza Garibaldi, 4 - Lecco
Locandina integrale
martedì 2 febbraio 2016
Inconscio in Classe - Incontro venerdì 12 febbraio 2016 ore 21:00 presso Società Umanitaria,Sala Bauer, Via S. Barnaba 48, Milano
Venerdì 12 febbraio 2016 ore 21:00 presso Società Umanitaria,
Sala Bauer
Via S. Barnaba 48,
Milano
mercoledì 13 gennaio 2016
Le scrivo perché sono preoccupato per mia figlia
Gentile dottore,
le scrivo perché sono preoccupato per mia figlia. Mia figlia fa la terza elementare è ha un andamento altalenante, è sempre andata così fin dal primo anno di elementare. E' come se alcuni concetti, cose che sapeva, li dimenticasse. Ad esempio nei problemi di matematica, certe formule, certi procedimenti non riesce ad applicarli nuovamente; non mantiene la concentrazione si distrae, si lamenta. I compiti sono un vero dramma. A volte dimentica i quaderni a scuola, non ha cura del materiale scolastico, i quaderni sono disordinati. Mi chiedo cosa poter fare per aiutarla, tante volte perdo la pazienza per la sua disattenzione, nel ripeterle sempre le stesse cose. Mi chiedo se sono io che pretendo troppo, abituato allo stile che ho vissuto quando andavo a scuola o se sia piuttosto lei che non ci arriva, che ha una vera carenza, che non può colmare. Mi chiedo il senso di questo suo comportamento, perché nonostante gli sforzi le cose non migliorano. Sua madre, mia moglie è straniera e lei per prima non parla bene l'italiano, ha avuto un'istruzione scarsa per via della sua storia di vita. Abbiamo scelto per nostra figlia una delle migliori scuole per lei, in modo che potesse avere una buona istruzione, essere ben seguita, fanno inglese e anche musica, è un istituto privato, eppure nonostante ciò la bambina è indietro rispetto agli altri. Come possiamo recuperare questo suo ritardo o dovremmo piuttosto rassegnarci? Grazie
L.T.
> Risposta:
La rassegnazione non è mai una buona risposta, soprattutto quando si tratta di bambini e in età cosi verde. La disattenzione, che lei segnala, va presa in considerazione. Se un bambino è disattento rispetto alle cose di cui dovrebbe occuparsi, è perché in realtà è attento ad altro, perché la sua attenzione è assorbita interiormente da qualcosa che non sappiamo, e che lo distoglie dai suoi compiti. Non basta quindi offrirgli le migliori possibilità e le migliori scuole, occorre capire se c’è qualche pensiero che lo distoglie dalla realtà, se è traversato da qualche conflitto interiore o semplicemente da qualche preoccupazione che assorbe tutta le sue energie. È necessario quindi, in primo luogo, ascoltarlo, e ascoltarlo in quel che non dice, o perché non è in grado lui stesso di riconoscere il problema, o perché non ne è neppure consapevole. Quel che può apparire come un ritardo allora può rivelare una più fine sensibilità, e risorse che semplicemente non erano riconosciute. Non si tratta di correre di più, ma di trovare la direzione giusta.
Invia la tua domanda, la risposta verrà pubblicata in questo blog, in Spazio genitori oppure in Spazio insegnanti.
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le scrivo perché sono preoccupato per mia figlia. Mia figlia fa la terza elementare è ha un andamento altalenante, è sempre andata così fin dal primo anno di elementare. E' come se alcuni concetti, cose che sapeva, li dimenticasse. Ad esempio nei problemi di matematica, certe formule, certi procedimenti non riesce ad applicarli nuovamente; non mantiene la concentrazione si distrae, si lamenta. I compiti sono un vero dramma. A volte dimentica i quaderni a scuola, non ha cura del materiale scolastico, i quaderni sono disordinati. Mi chiedo cosa poter fare per aiutarla, tante volte perdo la pazienza per la sua disattenzione, nel ripeterle sempre le stesse cose. Mi chiedo se sono io che pretendo troppo, abituato allo stile che ho vissuto quando andavo a scuola o se sia piuttosto lei che non ci arriva, che ha una vera carenza, che non può colmare. Mi chiedo il senso di questo suo comportamento, perché nonostante gli sforzi le cose non migliorano. Sua madre, mia moglie è straniera e lei per prima non parla bene l'italiano, ha avuto un'istruzione scarsa per via della sua storia di vita. Abbiamo scelto per nostra figlia una delle migliori scuole per lei, in modo che potesse avere una buona istruzione, essere ben seguita, fanno inglese e anche musica, è un istituto privato, eppure nonostante ciò la bambina è indietro rispetto agli altri. Come possiamo recuperare questo suo ritardo o dovremmo piuttosto rassegnarci? Grazie
L.T.
> Risposta:
La rassegnazione non è mai una buona risposta, soprattutto quando si tratta di bambini e in età cosi verde. La disattenzione, che lei segnala, va presa in considerazione. Se un bambino è disattento rispetto alle cose di cui dovrebbe occuparsi, è perché in realtà è attento ad altro, perché la sua attenzione è assorbita interiormente da qualcosa che non sappiamo, e che lo distoglie dai suoi compiti. Non basta quindi offrirgli le migliori possibilità e le migliori scuole, occorre capire se c’è qualche pensiero che lo distoglie dalla realtà, se è traversato da qualche conflitto interiore o semplicemente da qualche preoccupazione che assorbe tutta le sue energie. È necessario quindi, in primo luogo, ascoltarlo, e ascoltarlo in quel che non dice, o perché non è in grado lui stesso di riconoscere il problema, o perché non ne è neppure consapevole. Quel che può apparire come un ritardo allora può rivelare una più fine sensibilità, e risorse che semplicemente non erano riconosciute. Non si tratta di correre di più, ma di trovare la direzione giusta.
Dott. Marco Focchi
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venerdì 8 gennaio 2016
Scrivo per le difficoltà di gestione di mio figlio Andrea
Gentile dott.Focchi,
scrivo per le difficoltà di gestione di mio figlio Andrea. Andrea ha otto anni, lo abbiamo adottato quando aveva due anni. Andrea è un bambino adorabile, affettuoso, vivace ma è in continuo movimento, non sta mai fermo un attimo, passa da un'attività ad un'altra come si stufasse ogni pochi minuti. Corre, gioca con gli altri bambini anche a casa, tanto che per farlo venire a cena dobbiamo chiamarlo mille volte, poi dopo cena crolla stremato e dorme. Le maestre ci riportano i suoi continui movimenti, la fatica che fa a stare concentrato e seduto composto al banco. Per fortuna le sue insegnati sono molto disponibili e attente, capiscono la sua situazione particolare e chiudono un occhio, dall'altra però ci allertano sul protrarsi di questi suoi comportamenti e ci chiedono di fare qualcosa. Anche io mi chiedo come potrà mio figlio proseguire negli studi con questo suo atteggiamento, senza acquisire delle regole di comportamento, senza placare questa sua continua corsa. Talvolta fa il buffone, così si fa ben volere ma delle volte risulta pesante e finisce per risultare ad alcuni antipatico. Crede che il suo passato possa incidere su questi suoi atteggiamenti e come potremmo noi intervenire?
Grazie
S.N.
> Risposta:
Sicuramente il passato incide sugli atteggiamenti attuali, e rivedere cosa è accaduto, se ci sono stati momenti critici, o fasi difficili. Il comportamento che mi descrive è quello di un’iperattività, che si manifesta nei “bambini che non riescono ad aspettare”. Non si tratta, in genere, di una banale impazienza, ma di un comportamento che tende a scaricare in azione l’angoscia prima che si accumuli. È, in fondo, una “soluzione” che il bambino trova per gestire o canalizzare il suo disagio. Poi, come nella situazione che lei mi descrive, si tratta di una soluzione svantaggio. Si tratta dunque di aiutare il bambino prima di tutto a capire i propri stati interiori, di aiutarlo a un lavoro di “interiorizzazione” di quel che allo stato attuale dei fatti scarica esteriormente in movimento. Quando si riesce a ottenere questa svolta anche gli studi ne traggono giovamento, e suo figlio non aver difficoltà a proseguirli se riesce ad aprire degli spazi dentro di sé dove far posto a quel che ora ha bisogno di bruciare con il suo atteggiamento ipercinetico.
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scrivo per le difficoltà di gestione di mio figlio Andrea. Andrea ha otto anni, lo abbiamo adottato quando aveva due anni. Andrea è un bambino adorabile, affettuoso, vivace ma è in continuo movimento, non sta mai fermo un attimo, passa da un'attività ad un'altra come si stufasse ogni pochi minuti. Corre, gioca con gli altri bambini anche a casa, tanto che per farlo venire a cena dobbiamo chiamarlo mille volte, poi dopo cena crolla stremato e dorme. Le maestre ci riportano i suoi continui movimenti, la fatica che fa a stare concentrato e seduto composto al banco. Per fortuna le sue insegnati sono molto disponibili e attente, capiscono la sua situazione particolare e chiudono un occhio, dall'altra però ci allertano sul protrarsi di questi suoi comportamenti e ci chiedono di fare qualcosa. Anche io mi chiedo come potrà mio figlio proseguire negli studi con questo suo atteggiamento, senza acquisire delle regole di comportamento, senza placare questa sua continua corsa. Talvolta fa il buffone, così si fa ben volere ma delle volte risulta pesante e finisce per risultare ad alcuni antipatico. Crede che il suo passato possa incidere su questi suoi atteggiamenti e come potremmo noi intervenire?
Grazie
S.N.
> Risposta:
Sicuramente il passato incide sugli atteggiamenti attuali, e rivedere cosa è accaduto, se ci sono stati momenti critici, o fasi difficili. Il comportamento che mi descrive è quello di un’iperattività, che si manifesta nei “bambini che non riescono ad aspettare”. Non si tratta, in genere, di una banale impazienza, ma di un comportamento che tende a scaricare in azione l’angoscia prima che si accumuli. È, in fondo, una “soluzione” che il bambino trova per gestire o canalizzare il suo disagio. Poi, come nella situazione che lei mi descrive, si tratta di una soluzione svantaggio. Si tratta dunque di aiutare il bambino prima di tutto a capire i propri stati interiori, di aiutarlo a un lavoro di “interiorizzazione” di quel che allo stato attuale dei fatti scarica esteriormente in movimento. Quando si riesce a ottenere questa svolta anche gli studi ne traggono giovamento, e suo figlio non aver difficoltà a proseguirli se riesce ad aprire degli spazi dentro di sé dove far posto a quel che ora ha bisogno di bruciare con il suo atteggiamento ipercinetico.
Dott. Marco Focchi
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lunedì 4 gennaio 2016
Ho trovato riordinando la camera di mio figlio della mariuana in un cassetto
Egregio dott.,
Ho trovato riordinando la camera di mio figlio della mariuana in un cassetto, non sapevo neanche cosa fosse me lo ha detto l'altra mia figlia, son davvero allibita. In cosa abbiamo sbagliato? Ho dato tutto ai miei figli, non gli ho fatto mancare niente, e adesso lui ci ripaga così? Ha solo sedici anni, sono davvero preoccupata. L'altro giorno mi hanno telefonato dalla scuola dicendo che mio figlio non era li. Eppure io lo avevo accompagnato quella mattina, lui era sceso e si era avviato verso l'ingresso, verso quel branco dei suoi amici, una sfilza di buoni a nulla, bighelloni che me lo portano sulla cattiva strada. E sempre stato bravo a scuola, obbediente, un ragazzo buono, timido. Non capisco cosa sia successo, sta sempre chiuso in camera o con le cuffie con la musica oppure prende sbatte la porta e va dai suoi amici. Io alla sua età neanche uscivo di casa. Sono preoccupata, non vorrei che si mettesse in qualche guaio o prendesse qualche cattiva strada. Gli o tolto il telefono per un po', adesso anche i videogiochi ma lui ormai risponde a monosillabi o mi urla. Ho trovato questo suo sito su internet, può aiutarmi, consigliarmi qualcosa? Grazie
Distinti Saluti,
M.R.
> Risposta:
Gentile signora, suo figlio si trova in piena adolescenza, un’età in cui le relazioni “orizzontali”, quelle del gruppo dei pari, prendono maggiore importanza rispetto a quelle “verticali” tra adulto e bambino che hanno prevalso nell'infanzia. Che si manifestino quindi atteggiamenti di ribellione non stupisce, e l’uso di marijuana ne fa parte. L’effetto di trascinamento del gruppo, il bisogno di trasgressione per dimostrare la propria indipendenza, il rifiuto dei modelli famigliari sono il correlato di questa età difficile. Al suo posto non tratterei i suoi compagni come “buoni a nulla e bighelloni” in grado di traviarlo. Provi piuttosto a riconoscere i nuovi valori che sta cercando, perché non abbia bisogno di trovarli in manifestazioni esteriori come l’uso di marijuana o come gli atteggiamenti di chiusura che descrive. Le punizioni privative (togliere i videogiochi o il telefono) sono inutili. Occorre piuttosto capire quel che succede dentro di lui, all'occorrenza con l’aiuto di un esperto.
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Ho trovato riordinando la camera di mio figlio della mariuana in un cassetto, non sapevo neanche cosa fosse me lo ha detto l'altra mia figlia, son davvero allibita. In cosa abbiamo sbagliato? Ho dato tutto ai miei figli, non gli ho fatto mancare niente, e adesso lui ci ripaga così? Ha solo sedici anni, sono davvero preoccupata. L'altro giorno mi hanno telefonato dalla scuola dicendo che mio figlio non era li. Eppure io lo avevo accompagnato quella mattina, lui era sceso e si era avviato verso l'ingresso, verso quel branco dei suoi amici, una sfilza di buoni a nulla, bighelloni che me lo portano sulla cattiva strada. E sempre stato bravo a scuola, obbediente, un ragazzo buono, timido. Non capisco cosa sia successo, sta sempre chiuso in camera o con le cuffie con la musica oppure prende sbatte la porta e va dai suoi amici. Io alla sua età neanche uscivo di casa. Sono preoccupata, non vorrei che si mettesse in qualche guaio o prendesse qualche cattiva strada. Gli o tolto il telefono per un po', adesso anche i videogiochi ma lui ormai risponde a monosillabi o mi urla. Ho trovato questo suo sito su internet, può aiutarmi, consigliarmi qualcosa? Grazie
Distinti Saluti,
M.R.
> Risposta:
Gentile signora, suo figlio si trova in piena adolescenza, un’età in cui le relazioni “orizzontali”, quelle del gruppo dei pari, prendono maggiore importanza rispetto a quelle “verticali” tra adulto e bambino che hanno prevalso nell'infanzia. Che si manifestino quindi atteggiamenti di ribellione non stupisce, e l’uso di marijuana ne fa parte. L’effetto di trascinamento del gruppo, il bisogno di trasgressione per dimostrare la propria indipendenza, il rifiuto dei modelli famigliari sono il correlato di questa età difficile. Al suo posto non tratterei i suoi compagni come “buoni a nulla e bighelloni” in grado di traviarlo. Provi piuttosto a riconoscere i nuovi valori che sta cercando, perché non abbia bisogno di trovarli in manifestazioni esteriori come l’uso di marijuana o come gli atteggiamenti di chiusura che descrive. Le punizioni privative (togliere i videogiochi o il telefono) sono inutili. Occorre piuttosto capire quel che succede dentro di lui, all'occorrenza con l’aiuto di un esperto.
Dott. Marco Focchi
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