mercoledì 23 marzo 2016

Abbondanza di certificati medici

Gentile Dott. Focchi,
insegno in un liceo scientifico, sono a scriverLe per avere una sua opinione in merito all'abbondanza di certificati medici di vario genere che circolano oggi nelle nostre classi. Io ho una mia personale opinione in merito, ovvero che nella maggioranza dei casi  - e ripeto maggioranza - ci sia una difficoltà da parte delle famiglie di accettare che il figlio o la figlia abbiano delle difficoltà scolastiche da attribuirsi allo scarso impegno da parte dello studente. Si cerca una causa esterna, sia essa una patologia o un meno definito “disagio”, certificato nero su bianco da uno psicologo, che in qualche modo deresponsabilizzi sia l’allievo che i suoi genitori dall'avere una parte attiva nella situazione problematica che è venuta a manifestarsi.
Con questo non voglio dire che non esistano difficoltà conclamate ed evidenti che abbiano bisogno di una diversa attenzione e di dispositivi supplementari per poter usufruire dell’offerta educativa. Sotto molti punti di vista sono stati fatti incredibili passi in avanti rispetto a una volta, quando di fronte a difficoltà di apprendimento o problemi di altro tipo si aveva una scarsa attenzione.
E’ profondamente corretto offrire delle misure alternative a chi ha delle difficoltà, ma probabilmente il problema che mi sembra di rilevare è dovuto a due questioni fondamentali: da un lato il “potere” che il mondo psicologico ha (e che ragionevolmente vuole mantenere) nel contesto scolastico e nel rapporto con le famiglie, avendo la possibilità di produrre certificati che influenzano profondamente l’ambiente ed il trattamento scolastico dei ragazzi. Questo primo punto è più politico ed economico, ed è una mia opinione personale.
La seconda questione rientra nel campo dell’etica e dei fini che un ambiente educativo dovrebbe perseguire. La mia impressione è che in molti casi si smetta di stimolare alcuni ragazzi, astenendosi dal richiedere loro una certa prestazione, sulla base di un certificato che molte volte appare come una soluzione di comodo: il ragazzo non è più stressato da certe richieste, il professore non si deve più impegnare a sottoporre certe richieste, e la famiglia non è più preoccupata dagli scarsi risultati. Ma era forse possibile interagire diversamente con il ragazzo? Molte volte, soprattutto in alcuni casi, è una questione per me dolorosa, in quanto insegnante.
Certo, mi dico, tutto potrebbe essere risolto sulla base della correttezza o meno delle diagnosi. Ma il problema è veramente tutto lì? Mi piacerebbe avere un suo parere in merito, la ringrazio anticipatamente.

U.L.



>Caro signore,


come sempre il problema è di misura. Un tempo, e ne ho ricordi personali nella mia esperienza, bambini con difficoltà di lettura che oggi sarebbero diagnosticati come dislessici e aiutati di conseguenza, venivano derisi dagli insegnanti e trattati come indolenti. Non parlo della scuola dickensiana del secolo scorso, ma semplicemente di quella del dopoguerra in Italia, che io ho conosciuto da bambino.
Oggi la situazione è completamente mutata, e nella consulenza che per molti anni ho fatto nella scuola elementare non ho mai visto stigmatizzare bambini per qualche loro difficoltà. Il concetto oggi è piuttosto quello dell’aiuto, del sostegno.
Naturalmente può poi succedere che i pesi si spostino al punto di cadere dalla parte opposta. Si ha allora quell’eccesso di diagnosi che lei segnala, una patologizzazione generalizzata dei comportamenti. I certificati a cui si riferisce sono fondamentali per chi ne ha veramente bisogno, e sono totalmente controproducenti quando abusati, perché non aiutano i ragazzi a crescere. Lei sottolinea la deresponsabilizzazione delle famiglie. Direi che dipende dalla generalizzata perdita d’autorità di tutti i settori istituzionali, famiglia compresa. È un fenomeno della nostra epoca, e si cerca rimedio nell’autorità scientifica dell’esperto, nella fattispecie lo psicologo. Ma il problema politico che lei segnala è che in fondo, lo svuotamento d’autorità in tutti i campi sociali, cerca un controbilanciamento nell’autorità della scienza. Questa viene invocata anche in quei campi in cui non ha pertinenza, come quello delle relazioni umane e della psicologia. Il compito dello psicologo nella scuola non è fare certificati, ma entrare nel merito delle questione attraverso un ascolto attento, e nel mio libro “L’inconscio in classe" ho cercato di disegnare le linee di un intervento che non abusi dell’autorità della scienza e che entri piuttosto nel merito dei veri problemi, che sono problemi di relazione e non di quantificazione.

Dott. Marco Focchi



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