sono un insegnante di scuola media da pochi anni, finalmente dopo una lunga odissea di precariato. Inutile ricordare quanto poco sia valorizzato un mestiere così complesso che implica una responsabilità delicata come quella di educare le giovani generazioni. Mi piace molto il mio lavoro e mi interrogo spesso sulle modalità indicate a trasmettere passione ai ragazzi per la conoscenza, a promuovere in loro un senso critico che li renda curiosi ma anche riflessivi e attenti. Credo che sia molto importante prestare orecchio alle loro domande, seguire le loro intuizioni quand'anche gli errori per trovare un modo diretto per rapportarsi con loro senza barricarsi dietro la cattedra. Stare in mezzo a loro, ascolt arli pur non comprendendo spesso certe questioni. Tra queste ciò che più mi turba che fatico a gestire è l’aggressività. Le prese in giro le canzonature sono sempre esistite e sempre esisteranno, ma c'è qualcosa di più grande e grave che trovo pericoloso e mi allarma. Sono soddisfatto del rapporto che ho con i miei ragazzi, non ho riscontrato ancora problemi specifici, mi sento comunque chiamato a fare qualcosa per il dilagante bullismo nelle classi. Anche i resoconti dei miei colleghi e colleghe sono veramente terribili, ragazzi senza scrupoli che umiliano i loro coetanei, come nel fatto di cronaca in cui un ragazzo veniva costretto a mangiare dei panini contenenti escrementi. Come si possono raggiungere questi livelli di odio e indifferenza? Cosa possiamo fare noi insegnanti per trasmettere il valore del rispetto dell'umanità, la positività delle relazioni? E soprattutto, sarebbe sufficiente? Grazie molte
S.B.
>Gentile S.B,
trovo toccante la sua domanda finale: sarebbe sufficiente? È una domanda che denuncia tutto il senso di impotenza vissuto in queste situazioni, quando si cerca di affrontarle per cambiarle. In realtà, nulla è sufficiente, nessun intervento, se pensato da solo, può bastare per contenere un fenomeno di cui abbiamo visto in modo impressionante la crescita. Se ciascuno si pensa da solo nel combattere la violenza e il bullismo parte con un senso di sconfitta e di frustrazione che lo zavorra. Dobbiamo tuttavia pensare che nessuno è solo in questo compito: ciascuno affronta un aspetto. È in via di approvazione una legge sul cyberbullismo che permetterà all’adolescente che si sente preso di mira di rivolgersi direttamente alle autorità per avere tutela, senza neppure passare per la mediazione dell’adulto. Il quadro normativo della legge è importante, ma anche questo cadrebbe nel vuoto se non ci fosse un esercito di educatori capaci di preparare il terreno perché non sia necessaria la costrizione legislativa per evitare la violenza. L’educazione è il fattore primario, e in questo compito tutti siamo in prima linea: insegnanti, psicologi, politici e legislatori. Ho spesso discusso nei dibattiti pubblici questi problemi, e più volte mi è capitato di sentire testimonianze di insegnanti che avevano messo a punto strategie comunicative adeguate, fin dalle prime classi elementari, per prevenire, prima ancora che arginare, i fenomeni di violenza. Occorre che ci sia una legge alla quale non debba essere necessario ricorrere, e l’educazione e la formazione sono il terreno preparatorio perché questo sia possibile.
dott. Marco Focchi
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