mercoledì 26 aprile 2017

Mia figlia è dislessica

Gentile dott. Mia figlia è  dislessica. La scuola non ci è stata d'aiuto, per far si che fossero riconosciuti i suoi bisogni speciali abbiamo lottato con le unghie e con i denti, mettendo in mezzo pure un avvocato.
Dall'adolescenza come se non bastasse mia figlia ha iniziato a soffrire di malesseri: depressione, ansia e veri e propri attacchi di panico. Stava male e  tutto per insegnanti ignoranti,  che si rifiutavano di fare il loro dovere e consideravano me una madre pretenziosa e pazza, che pretendeva un programma personalizzato per la figlia.
E anche io come madre a dover rispondere colpo su colpo a vere e proprie offese e prese in giro dei professori che vedevano solo disimpegno e incapacità.
Considerata la cretina della classe, insomma. E se questi sono i modi degli adulti le lascio immaginare quelli dei compagni.
Non ho voluto cambiare scuola, non abbiamo voluto cedere. Solo bastoni tra le ruote e incomprensione abbiamo ottenuto.
Ha ottenuto la maturità, alle spalle denunce ai professori e una vera e propria guerra legale
Senza dimenticare le ferite quelle restano. Mi chiedo se sia possibile nel 2017 arrivare a questo a farsi giustizia da soli dall'ignoranza.
Grazie


>Gentile signora,

sono stupito della situazione che lei descrive. In genere, nelle scuole che ho conosciuto, ho sempre trovato molta attenzione ai problemi dei bambini, e in particolare per quanto riguarda la dislessia. In alcune scuole c’era addirittura una verifica di routine su tutte le seconde classi per verificare con dei test la possibilità di problemi legati alla dislessia. Quel che ho incontrato è stato piuttosto un eccesso di zelo in questa direzione, che portava a volte a sovradiagnostcare situazioni che non risultavano in realtà affatto patologiche. Sorprende dunque che lei si sia dovuta trovare nella situazione di forzare la mano per ottenere un piano personalizzato, che in genere è nell’interesse stesso dei docenti e della classe far avere. Come ha avuto sua figlia la diagnosi di dislessia? È stata presentata a un centro convenzionato? Ha consultato altri pareri di specialisti per verificare questa diagnosi? Che documentazione ha prodotto nella sua battaglia legale? Non vorrei che si trattasse di un equivoco, come a volte succede, o di un malinteso con il corpo docente. Lei sembra convinta della diagnosi di sua figlia, ma a volte gli esperti danno pareri contrastanti sulla base di sfumature molto sottili.

Un cordiale saluto

dott. Marco Focchi


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lunedì 3 aprile 2017

Una infatuazione, un abbaglio che fatico a gestire

Gentile dott. Focchi,
in tanti anni di insegnamento non mi era mai successo. C'è un alunno brillante nel quinto anno della mia classe. intelligente preciso, dalla profondità di ragionamento. Appassionato, curioso, motivato. Ha cominciato a  chiedermi di articoli di approfondimento, testi, abbiamo cominciato a discutere rispetto a tematiche affrontate in classe sempre con piacere. Uno di quei ragazzi che con facilità seguono la lezione e sono da faro anche per gli altri come modo di porsi, di argomentare, di portare un'opinione diversa. È imbarazzante ma quello che per me c'è stato sempre nel nostro tempo passato insieme è stato sempre l'orgoglio di un insegnante per un alunno, la simpatia, stima, rispetto, lo sguardo bonario di un padre per quello che potrebbe essere un figlio. Ho scoperto che lui dentro ai nostri scambi ha trovato qualcosa di più e di diverso. Una infatuazione, un abbaglio che fatico a gestire. Mi trovo a chiedermi se non ho indotto io certi pensieri o desideri. Perché provo questo imbarazzo, c'è forse una dimensione perversa anche in me che mi trovo a pensare spesso a lui che mi gratifica con il suo desiderio nei miei confronti?

Grazie

V.


>Gentile V.

mi parla di un alunno del quinto anno della sua classe, suppongo dunque che si tratti di un ragazzo diciottenne, un’età in cui può emergere il quesito intorno al proprio orientamento sessuale, e l’influenza di un insegnante che ha un forte ascendente su di lui può essere un detonatore del processo.  Ma mi pare però che per lei l’interrogativo si ponga in particolare per quel che riguarda la sua parte: si domanda cioè se non possa essere stata una sua propensione a innescare nel ragazzo qualcosa al di là della relazione insegnante-allievo. Che lei si possa sentire gratificato dall’attenzione del ragazzo nei suoi confronti non stupisce, ma lei si riferisce a quella a che chiama una "dimensione perversa". Forse è per lei che il rapporto con il ragazzo ha fatto da rivelatore di aspetti della sua personalità a le i precedentemente sconosciuti? L’aspetto positivo è che lei non disconosce questi aspetti e si interroga su di essi. Ovviamente non posso rispondere io a questo suo dubbio, non avendo, dalla sua lettera, gli elementi necessari, ma quel che posso dire è che se il dubbio le è sorto è bene che lei approfondisca e conosca meglio la situazione che sta traversando. Può essere un turbamento di passaggio o una nuova fase della sua vita, ma per saperlo la cosa migliore è consultare un professionista. Mi contatti pure se lo desidera.
Un cordiale saluto,

dott. Marco Focchi  



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