Buon pomeriggio,
Sono la mamma di un ragazzo di quattordici anni,in prima liceo,con DSA certificato.Dopo un non positivo primo quadrimestre e senza che fosse redatto ed applicato un piano didattico personalizzato il coordinatore mi consiglia di iscrivere mio figlio altrove un istituto tecnico magari!
Vi chiedo aiuto trovo ingiusto tale giudizio la sento come una violazione del diritto di mio figlio e di tanti altri ragazzi a realizzare i propri sogni.
Perché un ragazzo con DSA non può frequentare un liceo?
Nel liceo di mio figlio si fa matematica veloce,così mi è stato detto.
Quindi chi ha carenze in matematica o è più lento deve andare via.
Mi chiedo cosa posso fare?
Grazie
L.
>Gentile signora,
i DSA possono ricoprire una gamma piuttosto ampia di diagnosi possibili. Si tratta di capire quindi su cosa si focalizza la diagnosi di suo figlio. La legge vigente garantisce le misure necessarie per offrire strumenti didattici adeguati, come il piano personalizzato da lei evocato, al fine di garantire il diritto allo studio per gli studenti affetti appunto da una diagnosi DSA. Per un lato questo costituisce un'apertura, perché offre una via che sarebbe altrimenti impossibile da percorrere per un ragazzo con particolari difficoltà. Per altro verso ci sono aspetti collaterali che sarebbe bene non trascurare. La medicalizzazione – discutibile – dei problemi di apprendimento, facendo di questo tipo di difficoltà una malattia, li mette fuori dal campo soggettivo che implica la messa in gioco di investimento d’interesse, desiderio, responsabilità e, non ultimo, talento. Tutti fattori che non sono egualmente distribuiti tra gli esseri umani.
La legge, opportunamente usata, permette a ragazzi con alcune aree di "cecità cognitiva”, di non essere bloccati nel resto della loro formazione. Non può però – senza avere contraccolpi negativi sul ragazzo stesso che si vorrebbe aiutare – diventare un modo per forzare dei blocchi. Voglio dire che se un ragazzo diagnosticato con disortografia vuole intraprendere la carriera di scrittore facendo il liceo classico, forse non ha scelto la via più indicata per le sue qualità. In un liceo artistico invece questo potrebbe essere un fattore secondario, e facilitargli il percorso educativo con un piano personalizzato su quello specifico aspetto potrebbe permettergli di sviluppare le diverse capacità che ha.
Non conosco la diagnosi specifica di suo figlio ma, poniamo, se si trattasse di discalculia, potrebbe essere che un liceo scientifico dove la matematica è un asse portante dell’insegnamento, non sia il percorso che può al meglio valorizzare le potenzialità di suo figlio. Il consiglio datole in questo caso non sarebbe tanto intenzionato a violare il suo diritto allo studio, ma piuttosto a indicargli un modo di investire le sua capacità in modo da ottimizzarle in un settore dove la matematica non avrebbe lo stesso valore frenante.
Capisco quindi il suo risentimento, ma per una valutazione spassionata occorre lasciar calmare il tumulto delle emozioni per rendere possibile una valutazione razionale, e vedere quali sono le carte che si hanno in mano da giocare nella vita.
Un saluto cordiale
Dott. Marco Focchi
mercoledì 24 gennaio 2018
martedì 23 gennaio 2018
Sono una mamma preoccupata riguardo a tutte le notizie di baby gang
Salve dottore, le scrivo perché sono una mamma preoccupata riguardo a tutte le notizie di baby gang e criminalità dilagante fra i giovani.
Abitiamo in un paese vicino a Napoli e nostro figlio di 13 anni frequenta dei compagni di classe che a noi non sono mai piaciuti tantissimo, però è anche vero che non è mai successo nulla di particolare e che probabilmente la maggioranza dei ragazzini di oggi sono un po' così "sfacciati", un po' arroganti, anche se noi abbiamo sempre cercato di educare nostro figlio diversamente. La nostra preoccupazione riguarda il fatto che non sappiamo cosa fanno quando vanno in giro per ore e ore, e non vogliamo trovarci nella situazione di dover scoprire in ritardo che vanno in giro a fare stupidaggini o anche peggio. Quando alla tv vedo le notizie delle bande di ragazzini mi immagino che il suo gruppetto di amici potrebbe esserlo tranquillamente. Abbiamo provato a fargli delle domande, ma lui ci dice di lasciarlo stare, che siamo malati e che ci facciamo le paranoie. Parole sue. C'è un muro di incomunicabilità, però a onor del vero ricordo di quando anche io ero una ragazzina e vivevo con disturbo le domande insistenti dei miei genitori.
Siamo semplicemente preoccupati e ci chiediamo in che modo si possa affrontare questo tema con nostro figlio, quali precauzioni si possono prendere e quanto le baby gang siano un problema reale o solo un'ultima moda a livello di notizia dei telegiornali.
La ringraziamo moltissimo per la sua eventuale risposta, cordiali saluti
R.V.
>Gentile signora,
le baby gang non sono un fenomeno nuovo, e non sono solo un problema di Napoli. Non credo però che i telegiornali stiano semplicemente montando le notizie. Ci segnalano piuttosto un problema di cui dobbiamo tener conto. Sulle compagnie di suo figlio le consiglio una certa cautela e le suggerirei di studiare il modo in cui esprime la sua disapprovazione per quel tipo di frequentazioni. Sappiamo che a quell’età per i ragazzi il gruppo orizzontale, il gruppo dei pari, diventa molto importante, e si costituisce anche come fonte di autorità alternativa e spesso concorrente con quella dei genitori. Non le dico di tacitare il suo disappunto, ma di trasmetterlo nei modi adeguati, che non cristallizzino una contrapposizione nella quale potrebbe trovarsi dalla parte perdente e che potrebbe spingere ancor più il ragazzino nella direzione che lei non desidera.
Suo figlio traversa un’età in cui bisogna saper trovare gli equilibri giusti nella comunicazione: essere presenti senza essere intrusivi, orientare senza costringere, parlare ma soprattutto ascoltare, e cercare di capire al di là delle parole, non nel senso di un’indagine, ma nel senso di capire ciò di cui forse il ragazzino stesso non si rende conto e che proprio per questo esprime in forma di ribellismo. Per ottenere in modo effettivo qualcosa da un ragazzino di quell’età occorre passare per il suo consenso, e quindi attraverso un dialogo che non sia un assedio verbale.
Mi rendo conto di averle descritto un compito difficile, ma consideri che per creare un ragazzino da baby gang non bastano le cattive compagnie, ci deve essere anche qualche irrisolto nel rapporto con gli adulti che contano, e se lei mantiene un buon rapporto e un contatto con lui questo costituisce forse la migliore protezione.
Un saluto
dott. Marco Focchi
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