venerdì 29 maggio 2020

Sta soffrendo molto la lontananza dai suoi compagni di scuola

Buongiorno Dott. Focchi,
mio figlio D. sta soffrendo molto la lontananza dai suoi compagni di scuola.  Anche l’idea di un ritorno “distanziato” a Settembre lo innervosisce parecchio. 

C’è anche da valutare che abito in una zona abbastanza rurale (problemi di connettività e lontananza fisica dai suoi amici) e che la scuola per lui era un momento di socialità fondamentale. 

La didattica online prosegue, con fatica, ma vedo proprio un cambiamento del suo umore che oscilla dall’apatia ad arrivare al nervosismo che nasce da inezie che prima non avrebbero sortito questo tipo di reazioni. 

Cosa mi consiglia di fare?

Lucia



>Gentile Lucia,

l’espressione "distanziamento sociale" che viene usata in proposito della situazione attuale non è completamente appropriata. Si tratta di un distanziamento fisico, che non implica affatto un distanziamento sociale. Possiamo anzi vedere che l’emergenza ha prodotto nuovi fenomeni di solidarietà. A parte l’attività di Emergency e di altre associazioni di volontariato, abbiamo visto persone che fanno la spesa per i vicini anziani o in difficoltà, le prestazioni gratuite di artisti per sostenere la lotta al virus, raccolte fondi generose, sostegno agli operatori sanitari esposti in prima linea nella lotta alla malattia.
Credo che tutto vada inquadrato in questa prospettiva, e se lei stessa riesce a farla sua e a trasmetterla, vedrà che anche suo figlio risponderà diversamente accettando la situazione con i limiti che impone, ma anche con le nuove forme di socialità che ci fa scoprire.

Marco Focchi

martedì 28 aprile 2020

Dare un ritmo alla giornata

Buongiorno dott. Focchi,
sono E., ho due figli piccoli (8 e 12 anni) che in questo periodo sono a casa, per ovvie ragioni, con me.
C’è la didattica online ma non è la stessa cosa: si distraggono, fanno difficoltà a concentrarsi e onestamente spesso abbiamo anche problemi di connessione.
Forse la difficoltà più grossa che sto affrontando è dare un ritmo alla giornata, imporre dei tempi da rispettare, ai miei figli.
Questa situazione che stiamo vivendo ha destabilizzato in primis me e la mia vita e forse non riesco a chiedere, come vorrei, ai miei figli qualcosa che anche io non riesco a trovare sempre. Ma so che dovrei farlo.

Ha qualche consiglio da darmi?

La ringrazio sentitamente

E.



>>Gentile E,

quel che dice è giusto. In questo momento di reclusione per tutti è assolutamente importante darsi dei ritmi che scandiscano la giornata e non subire passivamente il trascorrere del tempo. Ciascuno ha delle attività preferenziali. Quali sono le sue? Si tratta di costruire la giornata alternando momenti di svago (ciascuno ha i suoi: libri, film, musica, televisione, giochi ecc.) con momenti di lavoro o, se in pausa, di progettazione lavorativa. Solo se noi adulti diamo l’esempio di una buona organizzazione del tempo possiamo contare sul fatto che questo si rifletta sui figli. I quali, per altro, vanno aiutati ad adattarsi a una modalità d’insegnamento peril momento inedita, ma che possiamo immaginare possa rendere un posto sempre maggiore nella nostra vita futura. Negli quindi approfittare di queso momento di vita tra parentesi per entrare nelle prospettive di un lavoro, una modalità di studio, un mondo che avranno caratteristiche diverse e rispetto alle quali è bene non farsi trovare impreparati.

Un cordiale saluto
Marco Focchi 

sabato 25 gennaio 2020

Come fanno i ragazzi di oggi a trasgredire?

Caro dott. Focchi,

mio figlio frequenta la prima media, ha quasi 12 anni. Oggi ridendo mi ha "confessato" che con altri suoi compagni di classe stanno cercando di inventarsi un modo per marinare scuola: hanno (come tutti, ormai, credo) il registro elettronico, pertanto una eventuale assenza sarebbe subito rilevata dai genitori... immaginano di hackerare il sito, modificare password, etc. Mi sono dovuta chiedere: come fanno i ragazzi di oggi a trasgredire in modo relativamente semplice, come accadeva una volta? Avergli sottratto questi spazi, mettendo un po' tutto sotto controllo, non è controproducente? E come possiamo noi genitori "aiutarli" senza partecipare, dato che il nostro ruolo non può essere - in questo caso - quello dei compagni di una avventura, la trasgressione, che dovrebbero poter vivere da soli? Mi preoccupa anche il fatto che cercare di inibire ogni trasgressione sposti l'asticella sempre più in là, portandoli a inseguire modi più pericolosi (mi sovviene ora la questione di attraversare la strada senza guardare, o mettersi sui binari del treno, etc). Che ne pensa? Come potremmo noi genitori aggirare questo ostacolo del controllo totale?

Grazie, un caro saluto,
E.



>Gentile E.,

dice bene quando afferma che stiamo mettendo tutto sotto controllo. È la logica che si sta sviluppando e che riempie tutti gli spazi, anche se in realtà non potrà mai riempirli davvero tutti, perché, suo figlio glie lo mostra, ci si ingegna per trovare le crepe del sistema.

Illudendoci di controllare tutto ci immaginiamo di controllare alche l’interiorità delle persone, ma il punto è proprio questo: tutta la potenza degli algoritmi si schianta contro la necessità, nell’intimo, di avere un consenso. L’algoritmo non lo cerca, si impone, e non resta più nessuno spazio per una cosa importantissima: la fiducia.

Se non riusciamo a dare fiducia ai nostri figli, non li educhiamo alla fiducia, che è il fattore più importante nella costruzione delle relazioni, e li stimoliamo all'inganno. Si potrà obiettare: dando fiducia si rischia di venire traditi. È vero, ma non è meglio essere traditi che essere seguiti per costrizione? La fiducia tradita dà spazio per parlare, l’errore aiuta ad educare. Una società che cresce senza la fiducia negli altri si costruisce senza fiducia in se stessa. Le società del controllo e della sorveglianza non sono luoghi in cui crescono l’intelligenza, la creatività e la bellezza, e questi sono beni senz'altro più irrinunciabili dei conteggi sul PIL
Un cordiale saluto

Marco Focchi

giovedì 16 gennaio 2020

Dovrebbe scegliere la scuola superiore e non ha idea di dove vorrebbe andare

Gentile dott. Focchi,
sono L., sono un po’ preoccupato perché in questi giorni mia figlia dovrebbe scegliere la scuola superiore e non ha idea di dove vorrebbe andare.

Fortunatamente è brava abbastanza in tutte le materie, ma non ha qualcosa che sente “suo”.
È giusto secondo Lei indirizzarla verso un Liceo, rimandando la decisione di cosa fare nella vita con l’università?
Con l’approfondirsi degli studi magari riuscirà ad avere le idee più chiare! Almeno, questo è quello che mi dico io…

Lei come la pensa?

La ringrazio.

L.


>Gentile L.,

a volte ai ragazzi sembra di non sapere bene cosa desiderano fare perché, in un certo senso, “non si conoscono”. È tuttavia possibile aiutarli. Lei, che ha vissuto con sua figlia, avrà notato qualche particolare inclinazione, qualche svago preferito, qualche lettura, qualche spettacolo seguito con maggior fervore di altri. Sono piccoli indizi, ma servono. Se lei riesce a farli emergere e a parlarne con sua figlia, il dialogo può aiutarla a vedere in se stessa quel che da sola non riesce a vedere. Non si tratta di indirizzarla, meno ancora di imporle una via, semplicemente di essere “maieutici”, come direbbe Socrate, di farle partorire il segreto della sua mente ignoto a lei stessa.

Marco Focchi